Cercherò di chiarire quanto ho detto
o bisbigliato
o gridato all’orecchio.
Che tanto ognuno intende come vuole
e si dà verità
sue solamente, fingendo d’ascoltare.
Resta però del tutto inispiegato
il perché
l’insicurezza penetri
oltre la superficie delle cose
fin dove vanno le tenere radici in cerca
di segrete frammentate caverne.
Io ti dirò perché mi afferri al sonno
che mi mostra il visibile non così come appare
vivendolo ogni giorno
ma come veramente dovrei arrivare invece a percepirlo
non mediato non colorato non da conquistare.
Ciò che non avverto più da sveglio
a volte irrompe, ma solo raramente,
come lampo di luce
nel profondo del sonno.
Per questo se potessi registrare ogni vicenda
ogni uggiolio dei sogni
potrei dirti se veramente esisti
in tutte e due le vite che la sorte ci dà
da sopportare.
Spesso immagini rimangono al mattino
improvvisi brani
o sentimenti, nel torpore attardati,
rapiti sono
all’aprirsi degli occhi.
Ricordo che qualche volta ne facevi parte.
Sarà anche questo un segno
di una scelta che penso fortunata.
Ma di te chiusa e ansante sotto l’impeto
di non saprò che storia
nel muoversi egli occhi, che il tremolio delle palpebre
svela
non capisco. E rancore mi prende.
Da metà delle nostre vite esclusi, altera
presunzione ci veste, inutilmente,
pretendiamo anima e vita
dall’amato sempre.
Senza né cura né diritto averne.
Né un totale controllo possederne.
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