Le mascelle aperte del tempo
quello che è stato
del sognato tempo passato,
fatto di nuvole e strisce d’ali di volanti draghi,
fatto di pedali pigiati a forza,
d’immagini di potenza in solitudine,
di abitudini e ripetizioni
che costantemente ti coprano le spalle.
E via e via che il pensiero affonda
abbandonandoti all’onda di quelle mani
offerte, desiderate.
A quei fiati caldi fattisi carne
per te
per te solamente. La mente vaga
rotola per la china il gomitolo dei pensieri.
Quegli ieri che erano carichi
di un non so che di elettrico
di eccitante.
Raspando su un mondo rampante
fatto di pampini e di cascate,
di risate lanciate a vanvera
senza motivo che non fosse quello
della certezza che c’era un domani
un altro giorno ancora
da succhiare, da titillare
da rompere a pezzi finché ci fosse voglia.
E quando il corpo greve, ora sulla soglia
seduto, la schiena allo spigolo della colonna,
si immagina e ancora si invaga
in un semisorriso stentato
t’ostini a credere possibile un domani.
Donarti tutto mai, ancora no.
Anche se poco vedi e meno senti
ancora aspetti un po’.
Liberarti della tua carne ancora
non consenti.
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