In un primo momento pensai d’essere
qualcosa o qualcheduno.
A volte mi fermavo e mi fiutavo in giro
se ci fosse sentore di consenso.
Lieve e dolente, oggi, il capo sulla spalla
accascio
come a chiedere scusa.
Ed in disparte resto. Non però muto.
Nel mio tempio, fra le fessure della pietra,
israelita dell’esilio,
cerco i messaggi
che all’aria, al sole, alla pioggia lasciai.
Tentando decifrarli.
Raggi manda la luce della luna
e lieve sosta il vento fra i rami
già spogliati.
Altri freddi, altri tempi rammento
che furono, che sono stati pochi respiri fa.
Sento freddo. S’accorciano le membra
in uno sforzo di implodere e sparire.
Rari attimi il cielo ancora manda
che aiutino a capire.
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