Illuminati da qualcosa
una luce interiore, una fiaccola medievale,
come fosse di notte
e necessaria.
Ce ne stavamo lì svagati e spenti.
Inerte l’aria, come fosse assorta
smagrita l’energia
e tuttavia ci siamo incamminati
con qualche breve sosta, brevi istanti sopiti.
E quando ci sarebbe da vegliare
traballiamo sulle nostre opinioni, insonnoliti
coma assorbiti da visioni
da allucinazioni
impegnati in ripetute erezioni della mente.
Inutili e loquaci.
A rasserenarmi invoco una fata turchina
che mi tenga stretto
che mi copra con tutta la sua veste
che provi le mie stesse emozioni
quando tutto mi do
quando amo, talvolta,
quando a volte comprendo.
Se vuoi, se vuoi,
se tu potessi ancora
cantare su di me, con me, l’inverno
quest’ultima stagione.
Spurie cose sono rimaste nelle mani nude.
Vasti silenzi, senza alcuna quiete.
Mesti raccoglimenti.
Fuliggini di sentimenti.
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