Per quale merito mi sia trovato qui
adesso, in questo tempo, medito.
Finché posso o potrò
domande pongo e orecchie attente porgo
ottuso adesso ai suoni consueti
di finissimo udito divenuto per le flebili voci
per i sussurri pensati
per i respiri di divine realtà
onniscienti
ed oltre.
Molte altre cose i miopi occhi distinguono
impercepite
solo un momento fa da giovane
da uomo
e le stanchezze sempre presenti e fitte
più docile mi fanno all’ozio
al contemplare senza indagare né imparare
senza lezioni
e esami.
Calmo mi muovo come corpo morto
nella corrente ondeggio
della rimasta vita che sembrava infinita.
Dei miei sussulti e grida
rido
nella mia intolleranza astiosa e proclamata
tollerante sorrido
un poco vile e un po’ per timidezza.
Ancora oggi mi prende una carezza
un cercarmi di mano sfarfalla nel mio petto
di tenerezza a piangere mi metto
se per più di un istante penso a Dio
o al mio sdrucito passato che è stato
che è tutto quello che ho e che è rimasto.
Al guasto d’essere nato che non ho riparato.
Del perché di un peccato che non capisco
e che vado scontando in solitudine rabbrividisco
mentre sempre più velocemente
finisco.
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