Da un lieve labbro col labbro
carezzato
a stento allontano lo sguardo.
I campi invasi d’erba che ingialla
a me di lato stanno
mentre mi mento il desiderio
e nulla percepisco oltre di questo
desto me, lontano da me,
vittima sacrificale
d’una voglia che non mi è dato avere
che non è lecito avere
che mi possiede
e chiede.
Così lungo i pendii della tua pelle lo sguardo porto
fingendomi contento e assorto,
con me mentendo, riducendomi estraneo
a colloquiare
senza starmi a ascoltare,
piccola mummia inutile e indifesa.
Tesa avanti la voglia al limite
alla soglia
del delirare non rimane nient’altro
che sperare
che le tue dita accanto
come in incanto vengano sfiorandomi.
Sarà la tenerezza o il barlume di luna
che svela e cala
e lo sciogliersi dentro dell’angoscia
m’allaga.
Tarda fanciulla, ti rapisco ai tuoi immutanti giorni.
Per un momento ti ritorno e torni.
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