Incautamente tentai,
pavidamente me ne restai nascosto.
Suggestionato dal tempo
sempre pensando a quello e perdendone il metro.
Teso a salire in alto dentro di me,
continuamente scordando,
e quale pietra di paragone pensandomi,
assetandomi di desideri,
di passioni e pensieri impuri
disimmacolandomi.
Prendendomi a limite e metro,
mentendomi.
Ma mordendoti il seno fino al limite che ti piace
quando non tace il cane
e il bosco è tutto un parlottare
e dalle fessure la luna e le auto sulla strada
e poi e poi dopo
ascoltandoti addormentare.
Innumerevoli si compongono i non fare
sulla lavagna
che cancellare non posso.
Ovunque vada la porto addosso.
E lo stridio incessante del gesso che incide
continuamente m’uccide.
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