Corri ora, corri minuto
che la noia mi si è incollata addosso
come un golf nuovo
d’una misura stretta.
Ché nella fretta d’andarmene via
senza paura, senza paura,
un respiro e via l’altro
con il fiato addosso del già fatto
e dell’incompiuto…
Con l’imbuto largo della vita
che non invita più,
che ti porta solo di là
dall’altra parte.
Oh sorte amara, oh vittoria alata
che non è stata.
Ora che è finita, ora che la canzone
non la canto più a me
a te, a quell’altra,
con le note messe così come viene
in un pentagramma dalle cinquemila righe
con violinisti bicefali
e tentacolari, coi suoni dirompenti
di diecimila ottoni,
con le passioni svanite, consumate appena.
Con la pena che mi fa stare qua
inutilmente obsoleto
da mercatino delle pulci, un tanto al pezzo.
Col prezzo che ho pagato
senza rendermi conto:
In questo mondo infetto
dove non ho più posto
dove non mi sento più, a testa bassa
vado.
In un contenitore che non so,
verso un Dio di cui non mi importa
poi molto.
Verso quel volto che è rimasto
sempre nascosto,
oscuro.
Verso cosa non so. Non importa.
Sarà per un’altra volta, come cento anni fa
quand’ero ancora sospeso in aria
in attesa di un momento d’amore,
di quello che mi fece nascere.
Se poi c’è stato.
Con quel fato mischiato a una libera scelta
che mi dicono c’è.
Per i minimi scarti, per quella parola in più
o non detta
che modifica tutta una vita.
Da una libertà impedita che non ci appartiene
recuperando la dignità
della nostra carne terrena,
fuggendo,
con paziente pazienza conquistare bisognerebbe
per chi sta aspettando dall’altra parte
la umana virilità, la vendetta
dell’indifferenza.
Alto il viso portando alla sentenza.
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