Mi ricordavo, a volte, com’era stato
avere sentimenti. Un rincorrersi fitto
affascinanti fughe,
da chi, o davanti a cosa,
non importa.
Quello che contava
era la voglia che cantava dentro.
Vinceva la passione.
Il metro non chiariva il valore
ma di certo il valore c’era.
Quando s’ama e si spera cambia il tempo
o s’accorcia o s’allunga a piacimento.
Cambia anche me, ma non mi dà conforto.
E’ come un peso che mi porti addosso
un commosso dirmi: aspetta che ritorno
non te ne andrai così
non ti sto abbandonando!
Un richiamo che viene dalle estati
quando perdevo il freno
e serenamente sereno mi immergevo
in quell’io che servivo
perché così era giusto.
Perché quello era il gusto della vita.
In quell’amore mal riposto
rimasto senza alcuna risposta
in quelle sussurrate paure e pene,
in quel ritornare mentale alle punizioni
dei senza cena,
a quel dare gravità ad azioni banali.
Ai concertabili e cantabili del cuore
che ti suonavano dentro per ore.
I visi che il tempo mi ha cancellato
il sapore del loro fiato
il muoversi delle mani e del corpo
quegli appuntamenti a un domani
che si è interrotto
un milione di anni fa.
Quello starmene sotto una gronda ad aspettare
che non ha avuto un dopo
uno scopo.
Quei saluti che non hanno portato un poi,
quei vuoi anche tu
che non sai più dove sono.
Quei perdono che ti gridano dal passato.
Ma dove sono, com’ero?
Dove sono stato?
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