Prima che il sole vada,
prima che ogni cosa si cambi
di colore e di foggia
poggiati a me. Sorreggiti con me.
Al mio ormai vecchio corpo
affidati.
Celebravamo i riti, ti ricordi,
riti d’amore e di amicizia,
conditi di sorrisi e di risa
e anche di sgarbi
e furibonde, quanto inutili, liti.
Convivevamo costruendo,
lentamente adattandoci l’un l’altro,
senza salti, nel tempo
amalgamandoci.
Là fuori piove, dopo la lunga arsura
e la terra,
quand’esce il sole, fuma,
una bruma accaldata
che disperde degli oggetti i contorni.
Vorrei pormi in disparte,
prepararmi da solo ad un trapasso
che avvertire non sai quanto mi cambi
e che dirti non oso.
Poso lo sguardo, distraendomi,
in giro.
Vorrei passioni ancora, e le attese
e gli sguardi e le bugie.
Incamminato per altre vie, costretto,
gli adunchi artigli dell’età
dentro il mio petto sbranano i sogni.
Sperare non si può se il tempo è corto
se greve è il passo
e il respiro affannato.
Grave male è l’età.
Ma vorrei dire, dirti vorrei stasera
prima che il sole vada
prima che forme e che colori
mutino a noi
tutte le cose intorno,
che il nostro tentativo, mal riuscito,
non perse dignità.
Tentammo quello che altri
nemmeno cominciarono.
Consòlati.
Credevamo che liberi si fosse
tutti quaggiù
finché il destino o il fato
non ci parlò. Finché non disse basta.
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