L’erba mi corse incontro
s’inerpicò ai miei occhi
e poi svoltò arrancando lungo ogni apparenza.
Ora greve ora scarsa,
abbandonata.
Guardavo il vento muovere la valle
( o era questa a forzarlo
dando spazi diversi alla sua corsa? )
dall’alto di Uncinano
e le basse colline dominavo.
Che pensassi non so,
ma forse non pensavo.
Ondeggiavo con l’erbe
ostinate se stesse a rimanere
schiave delle radici e della voglia
grande che le strappava.
Andava come acqua di mare l’erba
o meglio
come mandria impazzita.
E c’era una vita nell’aria di colori
e d’odori
lungo la pelle e dentro
che più non ho provato, ch’ora non sento.
Di me provo gran pena.
Certo il prezzo fu alto, ma i miei talenti
datimi in dono
male furono spesi.
Poche gioie compresi per inerzia o pigrizia.
Molto mi feci male.
Una struggente voglia di volar via mi assale
un piegarmi a quell’onda di passione
che un attimo fu mia.
Ad occhi chiusi, alte le mani misi.
Di quel vento, malgrado me,
m’intrisi.
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