Non di fiamme, ma eppure in rosso
inusuale ardore,
l’imminente sera, saettata dagli snelli castagni.
si distende.
Una calma mi prende
che da diverso tempo m’era estranea.
Un raccolto oblio mi consola.
Vola in alto, non so qual sia, un uccello.
Mi ripeto e riallaccio alla memoria
altre parole scritte, anche da me,
da me, da un me diverso
che non conosco più, che m’è sparito
senza che m’avvedessi.
Potessi ritornare, Fosse questo permesso.
Non cesso di ripetere a me stesso
la ormai divenuta monotona canzone
quasi una cantilena
di bambino sulla soglia del sonno.
Sbrodolarmi sull’anima mi appena
e nello stesso tempo mi consola.
Un rifiato fu il vivere
una gesta priva di gloria
che ogni uomo accomuna, ogni vivente.
Ma pochi sanno
che non servì a niente
il piangere, il soffrire, il rallegrarsi.
Solo comparse siamo. Altri gli attori.
Forse.
Forse fu solo il caso, una occasione,
per cui fummo e vivemmo.
E l’anima non c’è.
Ribellarsi non si può più e non conta.
Tace la Parca e taglia.
Raramente si sbaglia.
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