Approfittiamo di ogni occasione,
una ribellione improvvisa
come questa,
una spina che vuoi togliere dalla carne viva,
una poesia incompiuta,
una fata malata d’inedia, d’amore,
una qualche conclusione,
una apparizione che agiti la mano a saluto.
Che dica: ciao, come stai!
Uno sputo di saliva centrato
lanciato lontano sul portico.
Una ostica osservazione, una delle persone
vicino a te che ti guarda
come attraverso.
Una lancia brandeggiata
che non offende né salva più di tanto,
una canto popolare,
una rossa canzone che ti dia ancora emozione.
E via e via così
elencando, enumerando
le mille figure che immagini,
che rielabori fin che puoi,
per non tornare su quel volto, su quella figura
che dà la stura alla voglia
di ricominciare
di tentare ancora, malgrado la carne
vecchia
e le piaghe, recenti, e la paura
di sempre.
Via di qui, via di qui,
saltiamo la siepe bassa, varchiamo il fosso
urliamo a più non posso
chi sei, chi è, chi vuoi.
Senza giustificazioni, senza movimenti
o azioni di disturbo,
senza negare.
Solo la voglia di andare, di correre,
di volare.
Via.
Inventando.
Ammaliando.
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