Di quale specie sia il nostro d’amore
mi interrogo.
In altri regni incoronato, per altre strade
passando,
incorniciato con ghirlande
di parole e di fiori,
senza andarsene e senza restare,
remigando privo di vele.
Sul mare e sulla terra correndo incerto,
o su una meta assegnata,
questo suo e mio vagare di sola andata.
Precipitanti altezze,altere bellezze
di verzure e di boschi, nei rifugi
nascosto, ad occhi chiusi, perché nessuno,
nemmeno tu possa entrare.
Remigando senza remi. Un periplo
inventare
di continenti e isole disperse,
stanziale negli affetti, e nomade
nelle pulsioni,
immerso nelle emozioni d’essere ancora,
certo che un valore, più delle cose possedute,
ferme, inanimate,
fatte fredde dal sole che è calato
che s’è spento,
per me e per noi due dovesse esistere.
La folle convinzione che per noi due ci fosse
o che fosse possibile mi sfugge.
Bugie non te le dissi. Un incontro
mi invento nobile e appassionato
che un po’ ti illuda ancora.
Se tu credessi ancora. Se tu tremassi,
nel vedermi, ancora.
Se per solo un secondo lo volessi.
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