Un movimento un riflesso
fa il pensiero. Corre dentro di sé.
Va navigando.
Inesplorate terre ascose nelle nebbie indaga.
Se una vaga luce si accende
il mare riprende,
a brevissime soste uso.
In tremolanti densità le nascoste certezze
che esistere dovrebbero
indaga.
Ma il più del tempo vaga lungo un’onda
il cui moto non sa
chi lo sospinga. Ché va lungo un percorso
che scegliere non posso. Lungo i rimossi
tempi
disegnato intorno a gesti ed a parole,
acquerellato intorno a sbiaditi
contorni di persone.
L’aria si apprende e stira.
L’attenzione si accende ed è sviata.
Evirata della sua forza
sta,
si rincantuccia come un cane
alla cuccia.
Smorte stagioni dell’età mi stanno
come pesi alle spalle
e stolti e vani desideri, che solo ieri
mettevo a centro e meta, irrido adesso
guardandomi allo specchio
di me stesso.
Rimanenza rimango, inflorescenza
appassita e avvilita
come polvere d’ali sulle dita
di sfarfallato incauto rimanere.
Ma le soste, che tu sola conosci, ripetimi
con canto rituale
dammi ritmo nel mio lasciarmi andare.
Così come mi porta
l’onda,
m’offende e il mondo e il tempo.
Di là grandi cose non veggo.
Sulle spiagge di un nuovo mondo immagino
impietrite domande.
Pauroso di un non so, che non ha spiegazioni
per non essere visto, pietra
fra le pietre mi faccio.
Con costanza però
mi fa diverso, mi ha rimodellato,
il tempo che mi lascia.
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