L’essere carne è un limite e una sfida.
Non concede, completa,
la consapevolezza dell’esistere
che s’allontana per tante strade, diverse
e perse.
Ché il momento non raccogli mai per dire
basta,
per un cenno, un conteggio
per un ritorno.
Attorno a te si fanno, ma sempre più distanti
in disparte, le cose.
Oggetti diversi,
per diversi scopi usati, d’una loro vita
personale e solitaria pieni.
Giochi e riferimenti
terreni che una parte di me rincorre e riconosce
e un’altra schiva.
La passiva partenza spiego e credo di conoscerne
il motivo,
il ritmo dissolvente di note eguali,
i proclami di stentoree voci,
le croci portate o imposte.
Persino le soste
concessemi nel continuo rincorrere, pèrdono
di importanza.
Importante è la danza
quella che fa la carne
attorno all’anima tua racchiusa
che una fusione impossibile agognava.
Una promessa mescolanza
sperava, ch’era stata detta,
che si era fatta Parola.
Sui ripetuti girotondi che l’essere di carne
ti impone
le corone di fiori antichi apparecchi.
Sugli specchi che non ti riflettono intero,
che i tuoi occhi
di sfuggita rifuggono,
imbastisci supposizioni.
Le creazioni che non riuscisti da fattucchiere,
ordinatamente, fuori dall’uscio,
in regolari file attendono i rimpianti.
Sei ripieno
d’una specie di aria che t’ovatta
dentro
rendendoti, in apparenza, vivo
quel tanto che basta.
A disperare o a sperare non importa.
Il disfarsi nel nulla
vera pace non dà
né consolanza.
|