Merci strane, straniere, baratta
con la pesante pioggia
di primavera il vento.
Grappoli di parole rapisce ai cercatori
del bosco,
alle mute dei cani lanciati
dietro irsuti nemici,
ai pettirossi, ai passeri rapisce
i suoni
e li svapora.
Di progetti che un ridotto impegno
mancò di conquistare
o opposizione d’altri
non permise
rammenta.
Un mescolio fa l’acqua
un mormorare
di coscienza turbata
di impegno non assolto,
una protesta ripetuta e mutata
in preghiera monotona e assillante,
in petulante appello.
Divina infermità il pensiero
che questa aria bagnata ispira
ché t’aggredisce
dove non sai parare, che scuotendoti
come vuole
ti fa piccino e solo.
Questo primo pensiero
va con una vita sua, da ogni esterna volontà
slegato,
smisuratamente soffiato
come quei fiori di primavera
bianchi
gioco dei bambini.
Va senza scopo e tema
sul depresso cuore
che sa ormai solo fingere.
Allegrezza e speranza
vanamente
tentando di obliare.
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