Di quando in quando, se un attimo m’attardo
il pensiero mi prende delle cose.
Disordinato viene rimestando. Un altro altare
appresto, destro mi pongo a lato
ad officiare un mesto rito. Un invito
ho rivolto attorno
ma nessuno è venuto. Modeste vesti indosso,
non sono paramenti,
a invidia non dovrei condurre
alcuno,
grandi gesta non feci e non farei, non concorro
per premi, per trofei.
Eppure nessun scorgo.
Nel solco di un disappunto, d’un sentirmi offeso,
dilago
e la mia acqua invade il piano.
Pure la terra di sorbirla nega.
E tutto su me stesso si ripiega e comprime
e s’attorce.
E un malo odio mi cresce, senza che possa
porre freno
dentro, per l’universo mondo.
Veramente povera cosa sono. Un perdono
non chiedo e non darei.
Della mia debolezza illividita scudo mi faccio
e vanto,
finché non cadrò affranto.
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